mercoledì 19 settembre 2012

Pagina 7: "Penelope alla guerra" di Oriana Fallaci

Sono stata sempre molto diffidente verso questi libri con questa copertina d’oro della BUR recanti, con una scritta nera in stampatello, il nome Oriana Fallaci. Non so come mai, ma la vedevo troppo lontana, che non mi sarebbe mai piaciuta. Ci avrei scommesso: io e l’autrice in questione non avevamo nulla in comune.
Poi un giorno a fine agosto 2011, dovevo andare al supermercato giusto per comprare le ultime cose che mancavano per preparare la cena. Ma nel reparto accanto a quello che interessava a me c’erano i libri, in particolare i libri di fine estate che mettono in super sconto. Tutti i libri della Fallaci erano al 50%. E ho preso questo che aveva il titolo che più mi attirava. Poi è rimasto per qualche tempo nella libreria di casa, ignorato. Infine, come spesso capita, una sera ho iniziato a leggere come per caso una pagina e poi ancora una e poi un’altra, un’altra, un’altra. In un attimo ero a pagina 62, completamente rapita dalla storia, o meglio, dalla protagonista, nella quale mi rivedevo con tutte le emozioni e sensazioni. A quel punto mi sono messa a cercare in internet la biografia della Fallaci. Volevo saperne molto di più su questa donna e riempire il vuoto di conoscenza che avevo nei suoi confronti. Ho scoperto che è stata una grande donna, alla quale vorrei assomigliare.
Oriana racconta di Giovanna e attraverso Giovanna lascia sulla carta piccole confessioni di se stessa.
Giovanna è una ragazza italiana, talentuosa, forte e indomabile. Dai suoi occhi non scende mai una lacrima. Si ritrova a New York per lavoro e accetta anche per ritrovare una persona appartenuta alla sua infanzia. Lascia Francesco, il ragazzo che la accetta per quello che è, lascia tutto. Lascia anche una parte di sè, perchè per partire deve essere pronta al cambiamento che il nuovo continente le imporrà, nonostante lei non voglia.
E' una Penelope che lotta con Ulisse. Ma questa volta Ulisse non è un eroe che vuole oltrepassare i limiti umani, andare oltre i confini. E' un Ulisse fiacco, incerto, restio ad uscire dal guscio che lo protegge. E Ulisse non è solo un uomo, ma il mondo, la società, il Village che la ospita per il suo soggiorno americano.
L'America viene così presentata come il grande sogno. Il grande paese da raggiungere e chi lo raggiunge è fortunato, è migliore di tutti quelli che invece non ce l'hanno fatta.
Ma l'America è davvero il paese dei sogni? E davvero un paese così perfetto come sembra alla prima occhiata? O è molto più semplicemente un paese come tutti gli altri, con i suoi aspetti più e meno belli?

Oriana ha una scrittura eccezionale. Così semplice, ma che trasmette assieme alla semplicità anche la complessità della vita e dell'animo umano. Di tutti i possibili sotterfugi ai quali siamo disposti a cedere e che neanche ce ne accorgiamo.
Giovanna rappresenta un po' tutte le ragazze che si affacciano sul mondo con molta voglia di scoprire, con purezza, credendo che non ci saranno ferite o se lo saranno sarà per una buona ragoine e ne varrà la pena, perchè arriverà il meglio che cancella il momento triste. Ma la scoperta che non è tutto come immaginavi, ti cambia, per forza.
Oriana rappresenta quella capacità di scrivere, di mettersi a nudo e di riuscire a far sì che anche chi legga si metta a nudo assieme alla scrittore che vorrei imparare a possedere.

martedì 18 settembre 2012

Pagina 6: sesta edizione del premio letterario "Marcello Colombo"

Il Sesto premio letterario Marcello Colombo è organizzato dall’Associazione Amici di Marcello in collaborazione con il Comune di Cabiate, il Comune di Meda e altri enti pubblici e privati. Attraverso l’iniziativa gli organizzatori si prefiggono di serbare la memoria di un ragazzo eccezionale. Di questo precoce scrittore e instancabile affabulatore, di questo curioso del mondo e della gente nonché delle sue passioni, l’Associazione riceve idealmente l’eredità: essa persegue lo scopo di aiutare i ragazzi a crescere così che facciano esperienza del mondo, coltivino i propri talenti e insieme rifuggano da facili omologazioni. L’Associazione con questo premio vuole aiutare i giovani, raccogliendone le voci e permettendo loro di esprimersi. 
Questo si trova scritto in apertura del sito "Associazione Amici di Marcello" (link).
La partecipazione è gratuita (cosa molto importante: se vi chiedono di versare quote di iscrizione o comprare libri dal loro catalogo, non vi fidate! E lasciate perdere il concorso!)
Quest'anno il tema sarà: "NON SI FESTEGGIA NULLA".
I racconti (lunghezza massima di 14 cartelle di 2000 battute l'una) dovranno essere inviati entro il 31 ottobre e al vincitore saranno dati come premio 500 euro.

Pagina 5: Workshop Gratuito di Giornalismo della Moda a Milano 4 Ottobre

Il gruppo Eidos Communication (link del loro sito: qui) organizza a Milano, il 4 ottobre, al Palazzo delle Stelline, un workshop gratuito di 4 ore. L'argomento sarà sul giornalismo della moda, e sarà una lezione estratta dal master in giornalismo che il gruppo organizza tutti gli anni, aperta a tutti. Per partecipare basta iscriversi inviando una mail. Il workshop si terrà anche a Torino, Bologna e Roma, nei giorni seguenti. Tutti i partecipanti riceveranno al termine un attestato di frequenza e avranno l’opportunità di sostenere il test per l’ammissione alla VI edizione del Master Comunicazione e Giornalismo di Moda, per l’assegnazione delle Borse di Studio e dell'alloggio per i fuori sede. 

Programma:
ORE 10:00 – 14:00
Comunicazione e Giornalismo di Moda:
- Giornalismo di moda: da dove iniziamo?
- Scrivere di moda
- Il rapporto tra gli stilisti e le giornaliste di moda
- L’ufficio stampa di una maison
- Esercitazione pratica: scrivere un comunicato stampa per un evento di moda
 
ORE 14:00 – 18:00
Prove di ammissione e selezioni per l’assegnazione delle Borse di Studio per la prossima edizione del master

Ecco il link con tutte le ulteriori informazioni: qui. Io ci vado, proviamo, vediamo com'è, facciamo qualcosa di diverso. E voi?

 

Pagina 4: "Per legge superiore" di Giorgio Fontana


Ai corsi di letteratura russa universitari si dice sempre che i romanzi di Dostoevskij successivi all’arresto e ai lavori forzati siano i grandi romanzi o romanzi della maturità. Penso che la stessa cosa si possa dire riguardo all’ultimo libro di Giorgio Fontana, “Per legge superiore”. Romanzo della maturità quindi, nel quale confluiscono molti temi che si trovavano già nei post del suo sito internet. Ce lo si poteva quasi aspettare che prima o poi avrebbero formato uno scritto più lungo di un semplice post. Il romanzo è limato in ogni sua parte. Controllato. La scrittura arrivata alla maturità dopo le prove dei precedenti libri.
Il tema fondamentale è quello della giustizia, ma già il titolo ci preannuncia che non sarà semplice definire cosa è giusto e come fare a dare giustizia. Un romanzo ergo che non sarà a tesi, bensì a domanda.
Il protagonista è Roberto Doni, un sostituto procuratore di Milano sulla sessantina. Ha le sue fisse consolidate nel tempo, come certe musiche o vestiti fatti su misura, che al lettore possono quasi sembrare fastidiose. Ha un rapporto conflittuale con la figlia. Una moglie anch’essa avanti con gli anni, ma ancora attraente. Tutte le informazioni che ci vengono fornite, sono elementi che ci aiutano a tracciare meglio i confini del personaggio, a entrare nel suo mondo, ad avvicinarci a lui per affrontare assieme la sua crisi esistenziale che lo assale.
Questa crisi parte in seguito alla mail che una giornalista, Elena, gli invia chiedendogli di ascoltarla per il caso riguardante un giovane immigrato, Khaled, accusato di aver sparato a una ragazza. (Le cose non sono esattamente così semplici, ma raccontarle qua per filo e per segno toglierebbe gran parte della scoperta della lettura che ogni libro possiede.)
Si inizia così a pensare, a riflettere e infine a porsi delle domande, assieme a Doni su alcune tematiche che hanno caratterizzato gli ultimi tempi della cronaca, se così si può dire, di Milano.
Via Padova.
Criticata. Discussa. Se ne è parlato tanto. Talmente tanto che ha anche fomentato ulteriormente l’astio e la diffidenza che i milanesi provano nei confronti di quella zona e di zone simili ad essa lasciate ai margini dalla grande città. Astio che si riversa anche sui suoi abitanti, principalmente immigrati, alcuni senza permesso di soggiorno, che cercano di cavarsela anche loro e di andare avanti.
Elena porta Doni proprio qui. Tra queste persone. Per farlo parlare con conoscenti di Khaled che potrebbero testimoniare a suo favore per scagionarlo dall’accusa, ma anche per fargli conoscere una zona che un borghesotto come lui difficilmente gli capita di visitare e per di più a piedi, quindi stando a stretto contatto con la gente di quel luogo. Il borghesotto ha schifo di quel luogo e di quelle persone. Dello sporco che sente e che vede con i suoi occhi abituati al lusso. Ed è un po’ lo stesso schifo che si vede negli occhi delle persone in metropolitana sfiorate da un ragazzo di colore identificato subito come immigrato irregolare lui e le attività che si pensa faccia, anche se poi in realtà non proprio così.
Attraverso la scrittura minuziosa e indagatrice dell’autore e l’esperienza diretta del protagonista sorgono così nel lettore alcune domande. Quello che si dice è vero? Davvero è così? I nostri pregiudizi sono veri?
Ritorna così il tema della giustizia che vive in tutto il romanzo, in tutte le pagine anche in sottofondo. Giustizia da dare a queste persone e di toglierle dal pregiudizio comune in cui esse vivono.
Quale giustizia abbiamo e quale ci diamo e o ci danno?
Le leggi sono un sottoinsieme della giustizia ma le due cose non corrispondo.
Conclusione alla quale giunge Doni e anche il lettore. Ma che molto probabilmente sapevano già entrambi. La si potrebbe quindi più ritenere come un accertamento.
Ci sono state delle leggi. Molte. Non siamo neanche a conoscenza di tutte se non siamo solito all’ambiente giuridico. Ma esse non sono per forza giuste. Esse non danno sempre il senso di giustizia che il cittadino si aspetta. Anzi. Molte volte la  giustizia va da tutt’altra parte. Non ascolta i cosiddetti buoni della storia, ma sta dalla parte dei cattivi.
A questo punto cosa è giusto fare?
Sottostare alle leggi che ci sono state date e che così hanno stabilito o ribellarsi a questo sistema e rischiare un’altra giustizia a prezzo però di perdere qualcosa, di pagare per quello che si sta facendo?
La scelta di Doni ci viene rivelata solo nell’ultimo capitolo del libro. Il viceprocuratore, dopo aver conosciuto una realtà diversa, dopo aver camminato tanto per Milano anche in luoghi che prima dell’incontro con Elena non si sarebbe mai immaginato come appunto Via Padova, dopo la sua crisi, dopo aver parlato con sua moglie prima e poi con il suo mentore, dopo aver visto il coraggio e la determinazione di Elena nonostante le difficoltà prende la sua scelta.
Il lettore intanto prende la sua di scelta, nella sua mente. O nella sua vita.

Pagina 3: "Le due lune" di Luca Tarenzi


“Le Due Lune” è uno di quei libri che ti saltano in braccio come un gatto, ma un gatto selvaggio, che resta con te per soddisfare il nostro bisogno di affetto e coccole giusto per un paio di giorni. Poi se ne va e ti lascia il ricordo di un bel momento.
Il libro lo conoscevo già, come anche il suo autore, ma non era nella lista dei miei imminenti libri da leggere. Poi un giorno me  lo ritrovo all’improvviso davanti a me mentre entro in biblioteca. L’ho preso al volo e divorato subito. Ed è una cosa difficile che capiti, soprattutto se il libro appartiene al genere fantasy come in questo caso. Eppure mi sono dovuta ricredere e anche tanto.
Luca Tarenzi, autore del libro uscito nel 2011 per Salani “Quando il diavolo di accarezza”, mi ha fatto appassionare e tornare piccola, quando ai libri mi avvicinavo di pancia, cioè quando non mi interessava proprio nulla di tutto quello che diceva la critica o chissà quale altra autorità letteraria, perché l’unica cosa che cercavo era una storia capace di tenermi sveglia alla notte.
Veronica Meis , sedicenne, si sveglia un mattino con un segno sulla caviglia. Quel segno assomiglia molto a un morso di un cane. E fa male. E da quel giorno le sue percezioni del mondo esterno cambiano. Vede nitidamente, adesso le persone per lei vanno al rallentatore mentre prima se le vedeva sfrecciare davanti. Qualcosa di magico c’è di sicuro e sarà la figura molto particolare del conte Gorani a svelarle cosa sia successo e cosa la attende. La storia si snoda tra le vie di Milano, mostrando anche le bellezze nascoste e poco conosciute di questa città, arricchendosi dei vari personaggi, tra cui il bel Ivan che come già si intuisce fin da subito sarà fondamentale per la storia e per Veronica.
Mentre leggi ti appassioni sempre più, senti piano piano che i personaggi diventano tuoi amici, come succedeva quando avevo dodici anni e questo per me è bellissimo. Mentre leggi scopri anche misteri riguardanti vecchie tradizioni e culti religiosi che venivano praticati nell’antichità per scacciare o invoca gli spiriti a seconda di cosa si aveva bisogno. Tutte storicamente provate, ovviamente, dato che l’autore è anche laureato in Storia delle Religioni.
Tra tutti i libri che affollano gli scaffali delle librerie, che parlano di vampiri, mezzosangue, lupi mannari, creature fatate, sempre più identico all’altro, Tarenzi invece si distingue per la freschezza, per la bellezza della sua prosa, per un libro che vale davvero nel suo genere, appena sbocciato in Italia e poco conosciuto, dell’urban fantasy.
Da tenere sott’occhio.

lunedì 17 settembre 2012

Pagina 2: 'Habibi' di Craig Thompson



Habibi è un termine arabo. Era già conosciuto nella lirica erotica medievale, poi usata anche da qualche poeta provenzale. È una parola tra le più dolci e affettuose. Non solo per il significato che vuol dire “mio amato”, ma anche per il suono. Pronunciarla sotto voce ricrea l’atmosfera di intimità tra due corpi che si abbracciano. Nell’abbraccio si incastrano alla perfezione, non c’è neanche bisogno di spostarsi perché si è inciampati nei capelli dell’altro o il braccio non ha trovato la sua giusta collocazione. No, non è necessario tutto questo. Si conoscono così bene tra di loro che non ne hanno bisogno.
Habibi diventa così il titolo dell’ultima impresa di Craig Thompson. Mi aveva già conquistato con Blankets, uscito nel 2003,la storia del primo amore di un ragazzo per Raina, che coinvolgeva aspetti della religione cristiana.
 Craig non è autore da poco, almeno secondo me, ma anche secondo molti altri, che lo definiscono tra i più bravi che abbiamo al momento.
Debuttò nel fumetto nel 1999 con il semi-autobiografico Addio Chunky Rice, che gli fu ispirato dal trasferimento a Portland e dai suoi autori preferiti di quand'era bambino: Jim Henson, Dr. Seuss e Tim Burton. Grazie a quest'opera Thompson vinse nel 2000 l'Harvey Award per la migliore opera prima e ricevette una nomination agli Ignatz Awards nella categoria artisti emergenti. Successivamente sviluppò due mini comics: Bible Doodles nel 2000 e Doot Doot Garden nel 2001.
Habibi è uscito a inizio novembre 2011 per Rizzoli Lizard. Thompson ci ha lavotato per sette  anni e in un’intervista lo ha definito “una specie di storia popolare araba”. Infatti è ambientato in un immaginario paese islamico dei nostri giorni,tra religione, miti, storie del Corano, e le caratteristiche della megalopoli moderna, affollata di gente che non si conosce tra di essa, rifiuti, caos, nuovi palazzi da costruire accanto alla povertà dei più deboli.
Nel suo blog l’autore ha scritto che in Habibi ha fatto con «l’Islam quel che ho fatto con il Cristianesimo in Blankets».

Anche Habibi come il precedente lavoro è lungo, molto lungo. Più di seicento pagine.
È un librone che pesa a prenderlo tra le mani. È un librone che pesa durante la sua lettura sulle tue gambe mentre te lo appoggi per riuscire a leggerlo la sera mentre sei sul letto. Ma quel peso ti avvolge. Ti tiene stretta tra le sue pagine e la sua storia che subito ti prende con sé. Sì, perché oltre al peso vero del libro, c’è anche il peso della storia che arriva e tocca le corde giuste del lettore e in questo Thompson è davvero molto bravo e abile.
La storia è il legame tra Dodola e Zam. Due bambini quando si conoscono che fuggono alla schiavitù e tentano di prendersi cura l’uno dell’altro, sacrificandosi. Il loro legame continua, come nei migliori romanzi sentimentali deve superare alcune prove e allontanamenti. Li vediamo crescere ognuno per la propria strada, ognuno con le proprie esperienze. Ma nessuno dei due si dimentica dell’altro nei più di dieci anni che ci vengono raccontati.  Rispetto a Blankets, Habibi è più complicato. La storia di Dodola e Zam si sovrappongono a quelle narrate da Dodola a Zam per tranquillizzarlo quando non riusciva a dormire (Dodola ha sei anni in più di Zam). E i salti temporali sono numerosi. Presente, Sacre Scritture, infanzia dei due protagonisti.

Spesso quando si legge una graphic novel, o romanzo a fumetti autoconclusivo, le immagini indeboliscono la storia. Non danno nulla in più, ma sviliscono. In Habibi invece è tutto il contrario. Per quanto io non sia esperta in questo campo, ma giudichi soltanto a sensazioni estetiche personali, le immagini hanno avuto la funzione di trattenermi maggiormente tra le pagine della storia. A volte, e non raramente, mi fermavo ad osservarle anche se non le parole scritte erano già terminate. Tentavo di leggere l’immagine.


La vicenda di Dodola e Zam è…come un colpo di fulmine. Ma un colpo di fulmine che fa anche male. Per il male non servono le parole, bastano quelle potentissime immagini della narrazione che Thompson inserisce nei punti cruciali. Le inserisce come se volesse fare un allacciamento con il nostro mondo, per dimostrare che la sua storia non è tutta fantasticheria sua. L’allacciamento avviene con le scene che ci mostrano la schiavitù, la vendita delle bambine a uomini per diventare le loro mogli, la prostituzione e le violenze.


La fine dalla storia invece serve per ripulire tutto questo male. Per mostraci il bene. La possibilità in più.
Chiudi il libro e vorresti rincominciare o vorresti che non fosse mai finita. Come se il libro fosse diventato il tuo habibi.
Io sono romantica. E instancabile. Questa storia è per i romantici, ma anche per chi non sa amare o non lo sa più fare. Per ritrovarsi, per fermarsi, per andare in un altro mondo per qualche ora.
Ovviamente non finisce qui, ma il resto…il resto è bello scoprirlo da soli, come sempre d’altronde.
Questo libro entra nei miei preferiti. Ed è difficile entrarci, sia chiaro.



 Sai quanto dolere può ispirare la pioggia?
Sai quante lacrime spargono le grondaie quando diluvia?
Sai quanto si sente perduta nella pioggia una persona sola?
Senza fine, come sangue versato, come gente affamata, come l'amore,
Come i bambini, come i morti, senza fine la pioggia.

("Canzone della poioggia" del poeta iracheno Badr Shakir Al-Sayab)

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Qui si parla di libri, editoria, scrittori (con le palle o meno), workshop, giornalisti, notizie.
Questa è la prima pagina, il prologo diciamo.

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